
CORTE COSTITUZIONALE: SENTENZA DEL 19/28 GENNAIO 1999 N. 13
Giudizio di ammissibilita' della richiesta di referendum popolare.
Costituzione della Repubblica italiana - Referendum - Elezioni -Norme per la
elezione della Camera dei deputati - Abolizione del voto di lista per
l'attribuzione con metodo proporzionale del 25% dei seggi - Chiarezza,
univocita' e omogeneita' del quesito referendario - Esclusione del carattere
manipolativo o surrettiziamente propositivo del referendum in esame -
Ammissibilita'.
(D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante dalle successive
modificazioni ed integrazioni, apportate dalla legge 4 agosto 1993, n. 277 e dal
d.lgs. 20 dicembre 1993, n. 534).
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO,
avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY,
prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE,
avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA,
prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di
ammissibilita',
.(omissis)
- Nella imminenza della data fissata per la camera di consiglio si sono
costituiti il prof. Augusto Barbera, l'ing. Giuseppe
Calderisi, il prof. Mariotto Segni, promotori e
presentatori dell'anzidetto referendum abrogativo.Nella memoria illustrativa
si sono particolarmente soffermati sui seguenti punti:
Ammissibilita' dei referendum elettorali.
Particolare attenzione e' rivolta alla sentenza n. 47 del 1991, con cui la
Corte costituzionale ha ritenuto, in primo luogo, che la materia elettorale
non sia sottratta, in quanto tale, a referendum abrogativo; in secondo
luogo, che il quesito referendario debba essere valutato sotto il duplice
profilo della univocita' ed omogeneita', da un lato, e
della chiarezza e sufficiente certezza della disciplina di
risulta, dall'altro, si' da consentire agli elettori l'espressione di un voto
consapevole (principi affermati con la sentenza n. 32 del 1993 e,
prima ancora, con la sentenza n. 29 del 1987). Siffatti principi, confermati
successivamente con le sentenze n. 5 del 1995 e n. 26 del 1997, vengono
ulteriormente ribaditi con argomentazioni dirette a rafforzarne il valore di
precedente giurisprudenziale. Contenuto della richiesta referendaria. Viene
descritta l'operazione referendaria, attraverso la individuazione del nucleo
essenziale dell'abrogazione, la definizione delle abrogazioni conseguenziali
e di quelle finalizzate ad un'operazione di pulizia del testo, e l'esame
della normativa di risulta. Normativa di risulta e sua immediata
applicabilita', al fine di garantire la rinnovazione dell'organo
elettivo. Viene illustrato un sistema che, con l'auspicata abrogazione, risulterebbe
perfettamente ed immediatamente applicabile.
Chiarezza ed omogeneita' del quesito.
Si richiamano vari precedenti di giurisprudenza costituzionale, prima tra
tutte, la sentenza n. 16 del 1978 - che contiene la completa enunciazione
dei requisiti di ammissibilita' delle richieste referendarie - per affermare
la sussistenza dei requisiti della chiarezza, della univocita' e della
omogeneita' del quesito referendario. Presunto carattere manipolativo del
quesito e presunta inammissibilita' di referendum manipolativo. Sulla base
dei criteri elaborati nella sentenza n. 36 del 1997, viene auspicata una
decisione di ammissibilita' del quesito referendario, il quale, abrogando il
voto di lista e conseguente riparto proporzionale quale criterio di
attribuzione del 25% dei seggi non assegnati direttamente nei collegi
uninominali (contenuto normativo gia' esistente, sia pure con riferimento a
casi residuali, nell'attuale legge elettorale della Camera), consente
l'espansione del criterio "alternativo", basato sul recupero dei
candidati nei collegi uninominali, collegati alle liste, che abbiano le
migliori cifre elettorali individuali, anch'esso contenuto nella legge
elettorale.
Non vi sarebbe, dunque, produzione di nuove norme, ma espansione di
una norma gia' esistente, volta a conseguire, prima come dopo
l'abrogazione, l'attribuzione del 25% dei seggi non assegnato direttamente
nei collegi uninominali. Inesistenza di impedimenti ed inconvenienti
derivanti dalla applicazione della normativa di risulta. Alla luce della
giurisprudenza costituzionale del 1993, in particolare delle sentenze n. 32
e n. 33, si afferma che nella normativa di risulta non e' dato
rinvenire ne' impedimenti, ne' inconvenienti quali evidenziati nella
sentenza n. 32 citata. Critiche, obiezioni e contestazioni che si
muovono su di un terreno diverso da quello del giudizio di ammissibilita'
del referendum abrogativo. Il sistema che dovrebbe scaturire
dall'abrogazione referendaria non darebbe luogo, si afferma sempre nella
memoria, ad incoerenze od a stravaganze, ne' apparirebbe contraddittorio;
obiezioni queste che sono state avanzate nel corso del dibattito politico e
giuridico che e' seguito alla presentazione della richiesta di referendum. I
promotori si fanno carico di evidenziare la infondatezza delle predette
obiezioni, rilevando che la posizione tradizionalmente assunta dalla
giurisprudenza costituzionale non puo' essere scalfita dalle stesse. E
cosi' può verificarsi che esistano collegi in cui sono eletti più
parlamentari, come e' accaduto in Inghilterra e nell'esperienza del Senato
italiano, sia prima sia dopo la riforma maggioritaria. Comunque, si ricorre
sempre ad un criterio che fa leva sull'espressione del voto nell'elezione
dei candidati aventi la migliore cifra elettorale individuale della
circoscrizione. Ne' verrebbe in alcun modo intaccato il principio
maggioritario, giacche' al temperamento proporzionale del principio
maggioritario contenuto nell'attuale legge subentrerebbe un diverso criterio
di temperamento, piu' rispondente alla logica del maggioritario. Infine, per
quanto riguarda il problema della surroga dei seggi vacanti, viene
evidenziato che non vi sarebbe nulla di illogico nel fatto che talvolta
possa essere recuperato un candidato appartenente ad uno schieramento
diverso od opposto a quello del deputato surrogato, e che, comunque, la
normativa di risulta avrebbe la funzione di permettere il funzionamento
dell'organo. Alcune residue incongruenze grammaticali. Nel testo
rimarrebbero riferimenti al plurale o altre imperfezioni. A questo proposito
viene ricordato come la Corte abbia drasticamente escluso l'influenza sull'ammissibilita'
di siffatte "mere imperfezioni" sin dalla sentenza n. 47 del 1991;
come pure, con la sentenza n. 63 del 1990, viene affermato come "alcune
imperfezioni risultano inevitabili ... e sono comuni, peraltro, ... agli
ordinari procedimenti di normazione". I promotori concludono per l'ammissibilita'
della richiesta di referendum abrogativo.
- Con ordinanza 14 gennaio 1999 dell'Ufficio centrale per il referendum
costituito presso la Corte di Cassazione, a parziale modifica della
precedente ordinanza 1 dicembre 1998, e' stato riformulato il quesito
referendario, limitatamente all'art. 4 del testo unico delle leggi recanti
norme per l'elezione della Camera dei deputati approvato con d.P.R. 30 marzo
1957, n. 361, come sostituito dall'art. 1 della legge 4 agosto 1993, n. 277,
il cui ultimo periodo era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo
dalla sentenza della Corte costituzionale n. 422 del 1995. Pertanto, il
quesito referendario in detta parte e' stato dichiarato conforme a legge
nella seguente riformulazione: "art. 4, comma 2, n. 1), limitatamente
alle parole "per l'elezione del candidato nel collegio
uninominale" nonche' alle parole "comma 1"; e n. 2): "un
voto per la scelta della lista ai fini dell'attribuzione dei seggi in
ragione proporzionale, da esprimere su una diversa scheda recante il
contrassegno e l'elenco dei candidati di ciascuna lista. Il numero dei
candidati di ciascuna lista non puo' essere superiore ad un terzo dei seggi
attribuiti in ragione proporzionale alla circoscrizione con arrotondamento
alla unita' superiore". In sostanza e' stata eliminata dal quesito
l'espressione finale dell'art. 4, comma 2, numero 2 "le liste recanti
piu' di un nome sono formate da candidati e candidate in ordine
alternativo", in quanto gia' espunta dall'ordinamento a seguito della
dichiarazione di illegittimita' costituzionale con sentenza di questa Corte
n. 422 del 1995.
- In data 15 gennaio 1999 e' stata depositata una memoria aggiuntiva, in cui
i promotori ribadiscono la loro opinione in merito all'autoapplicativita'
della normativa di risulta ed alla chiarezza ed omogeneita' dell'operazione
abrogativa, soffermandosi, in particolare, sui seguenti punti:
la questione delle due urne di cui all'art. 30, numero 7, del d.P.R. n. 361
del 1957. Assumono i promotori che il venire meno del voto di lista e della
connessa scheda elettorale non sarebbe in contraddizione con la persistente
previsione delle due urne e delle due cassette, in quanto queste sarebbero
state introdotte (rectius: mantenute) nella legge attualmente in vigore non
in relazione alle due differenti schede, ma al solo scopo di accelerare le
operazioni elettorali. La c.d. "cosmesi normativa" del testo.
Relativamente all'art. 81 del d.P.R. n. 361 del 1957, precisano che la
menzione nel quesito referendario dei commi 2 e 4 del predetto art. 81 va
riferita ai commi 3 e 5 della medesima disposizione, in virtu' del venir
meno, nel testo originario, per effetto della legge n. 277 del 1993, del
comma 2. L'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte
di cassazione in data 14 gennaio 1999. Nella memoria si segnala che
l'ordinanza ha espunto dal quesito referendario l'ultimo periodo dell'art.
4, comma 2, numero 2, del d.P.R. n. 361 del 1957, dichiarato
costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 422 del 1995. I
contrassegni delle candidature. Nella vigente legge elettorale della Camera
esiste una diversa disciplina dei contrassegni delle liste e di quelli dei
candidati. Il quesito, nel chiedere l'abrogazione delle liste per
l'assegnazione dei seggi in ragione proporzionale, non colpisce anche il
contrassegno con cui il candidato intende presentarsi. Il ricorso alle
"migliori cifre individuali". Secondo i presentatori, il dibattito
sviluppatosi sulla copertura della quota del 25% dei seggi mediante il
recupero dei candidati che abbiano ottenuto le "migliori cifre
individuali" dimostrerebbe come sia ormai acquisito il carattere
autoapplicativo del referendum di cui si tratta. La surroga. Premesso che il
problema delle modalita' di surroga dei deputati e' questione di merito,
nella memoria, si fa, peraltro, presente che gli eventuali difetti del
meccanismo di surroga, essendo la stessa successiva all'elezione, non
impediscono la costante operativita' dell'organo, ma, se mai, hanno
carattere di inconvenienti, che potrebbero, ove necessario, essere corretti
dal legislatore.
- Nella camera di consiglio del 18 gennaio
1999 i rappresentati dei presentatori intervenuti hanno illustrato
ulteriormente le ragioni dell'ammissibilita' della richiesta di referendum.
Considerato in diritto:
4.1. - La richiesta di
referendum abrogativo, sulla cui ammissibilita' questa Corte e' chiamata a
pronunciarsi, riguarda alcuni articoli e parti di articoli (indicati sia in
epigrafe sia nella esposizione in fatto della presente sentenza) del d.P.R.
30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti
norme per la elezione della Camera dei deputati) nel testo risultante dalle
successive modificazioni ed integrazioni, apportate, in particolare, dalla
legge 4 agosto 1993, n. 277 (Norme per l'elezione della Camera dei deputati)
e dal decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 534 (Modificazioni al testo
unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.
361). Al referendum e' stata data dall'ordinanza 1 dicembre 1998
dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione la
seguente denominazione: "Elezione della Camera dei deputati: abolizione
del voto di lista per l'attribuzione con metodo proporzionale del 25% dei
seggi".
4.2. - L'obiettivo unitario
del quesito e' incentrato sull'abolizione completa dell'attuale sistema
delle liste e del voto di lista per l'attribuzione del 25% dei seggi con
metodo proporzionale, sistema prescelto dal legislatore nella sua
discrezionalita', tra i plurimi meccanismi possibili, per temperare il
sistema maggioritario semplice, che regola l'assegnazione del restante 75%
dei seggi. Tale abolizione, con la conseguente eliminazione della scheda per
il voto di lista, al momento distinta da quella relativa alla elezione del
candidato in ciascun collegio uninominale maggioritario (immutata nella
prospettiva referendaria), e' completata dalla soppressione conseguenziale
dei riferimenti alle liste e al voto di lista, attuata con il metodo dei
ritagli. La copertura del 25% dei seggi, attualmente regolata dal metodo
proporzionale collegato al voto di lista circoscrizionale, avverrebbe
mediante una sorta di ripescaggio dei candidati non eletti, presentatisi nei
collegi uninominali della circoscrizione, che abbiano conseguito i migliori
risultati. La graduatoria di candidati e di cifre individuali (art. 77, n.
3, del d.P.R. n. 361 del 1957, non investito dall'abrogazione referendaria)
si forma secondo l'ordine percentuale del maggior numero di voti conseguiti,
in rapporto agli elettori votanti nel singolo collegio uninominale (voti
validi candidato x 100 div votanti collegio uninominale).
4.3. - Ai fini dell'ammissibilita'
della richiesta di referendum abrogativo in esame e' sufficiente il richiamo
ai principi individuati piu' volte dalla Corte, dai quali non vi e' motivo
di discostarsi, relativi ai requisiti della matrice unitaria, della
univocita' e della omogeneita' dei quesiti referendari (sentenze n. 26 del
1997; n. 47 del 1991 e n. 16 del 1978) e alle caratteristiche proprie della
materia elettorale (sentenza n. 429 del 1995; v. anche sentenza n. 107 del
1996), con riferimento in particolare all'esigenza di poter disporre, in
ogni tempo, di una normativa operante (sentenza n. 26 del 1997; n. 32 del
1993; n. 47 del 1991 e n. 29 del 1987).
4.4 - Nel quesito referendario
all'esame della Corte non ricorre alcuno dei limiti preclusivi del ricorso
al referendum espressamente previsti (in maniera puntuale in quanto
rispondenti a particolari scelte di politica istituzionale) dall'art. 75
della Costituzione. Ne' si ravvisano altre ipotesi implicite di
inammissibilita', inerenti alle caratteristiche essenziali e necessarie
dell'istituto del referendum abrogativo, dipendenti da valori di ordine
costituzionale e riferibili alle strutture o ai temi delle richieste
referendarie (v. in particolare sentenza n. 16 del 1978). Il quesito non
contiene domande eterogenee, carenti di una matrice razionalmente unitaria,
non riconducibili alla logica dell'art. 75 della Costituzione; e si
riferisce ad atti legislativi dello Stato con forza di legge ordinaria, non
aventi contenuto costituzionalmente vincolato (sentenza n. 16 del 1978).
Esso, inoltre, non puo' ritenersi privo del carattere della univocita'. Il
nucleo essenziale del quesito - come enunciato in precedenza - consiste
nell'abrogazione degli articoli o delle parti di articoli relativi alle
liste, al voto di lista e alla ripartizione del 25% dei seggi con metodo
proporzionale, rappresentando il resto una operazione di cosmesi normativa
per ripulire il testo, con abrogazione completa di talune disposizioni
ovvero con una tecnica c.d. di ritaglio (v. sul punto sentenza n. 26 del
1997). In realta' il quesito e' formulato in modo da poter realizzare
l'abrogazione parziale della legge elettorale nei sensi suindicati ed
insieme a fare si' che la normativa residua, cioe' quella risultante dopo
l'eventuale abrogazione, sia immediatamente applicabile, consentendo la
rinnovazione in qualsiasi momento dell'organo rappresentativo, condizione
indispensabile per i referendum nella materia delle elezioni delle assemblee
parlamentari (da ultimo, sentenza n. 26 del 1997). A differenza della
fattispecie referendaria presa in considerazione nella ipotesi
immediatamente precedente (sentenza n. 26 del 1997), vi e' una piena
garanzia di immediata applicabilita' del sistema di risulta, in quanto i
collegi elettorali uninominali rimarrebbero immutati, senza nessuna
necessita' di ridefinizione in ciascuna circoscrizione, sia nel numero sia
nel conseguente ambito territoriale. Infatti, permarrebbe la distinzione tra
il 75% dei seggi, a ciascuno dei quali corrisponde un collegio uninominale,
e il restante 25% dei seggi, privi di tale corrispondenza, e attribuiti (in
base alla cifra elettorale individuale, quale risultato di operazione
matematica di rapporto percentuale tra voti validi e votanti nel collegio
uninominale: art. 77, comma 1, n. 3 e n. 4, e art. 78) ai candidati, con
migliore risultato, non eletti nei collegi uninominali. In tal modo
risulterebbe un sistema di elezione di deputati corrispondente al numero
fissato in Costituzione, con possibilita' di rinnovazione dell'organo in
ogni tempo. La situazione che si verrebbe a determinare in concreto con
l'eventuale accoglimento della richiesta referendaria si presenta, quindi,
corrispondente alle esigenze soprarichiamate.
- Le anzidette considerazioni consentono altresi' di escludere che il
referendum in esame abbia carattere manipolativo o surrettiziamente
propositivo. Esso, infatti, abrogando parzialmente la disciplina stabilita
dal legislatore, per cio' che attiene alla ripartizione del 25% dei seggi,
non la sostituisce con un'altra disciplina assolutamente diversa ed estranea
al contesto normativo, che il quesito ed il corpo elettorale non possono
creare ex novo ne' direttamente costruire (sentenza n. 36 del 1997), ma
utilizza un criterio specificamente esistente (sia pure residuale) e rimasto
in via di normale applicazione nella specifica parte di risulta della legge
oggetto del referendum (art. 77, n. 3). In definitiva, caducati, come
effetto della proposta abrogazione referendaria, le liste, il voto di lista
e la ripartizione del 25% dei seggi secondo il metodo proporzionale
collegato alle liste stesse, rimarrebbe, con il contenuto prescrittivo
proprio, il criterio per l'attribuzione dei seggi in base alla cifra
individuale di ogni candidato, criterio che continuerebbe ad applicarsi con
le modalita' consentite dal sistema residuo.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione,
nelle parti indicate in epigrafe, secondo il quesito modificato dall'Ufficio
centrale per il referendum presso la Corte di cassazione con ordinanze 1
dicembre 1998 e 14 gennaio 1999, del decreto del Presidente della Repubblica 30
marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per
la elezione della Camera dei deputati), nel testo risultante dalle successive
modificazioni ed integrazioni, apportate in particolare dalla legge 4 agosto
1993, n. 277 (Norme per l'elezione della Camera dei deputati) e dal decreto
legislativo 20 dicembre 1993, n. 534 (Modificazioni al testo unico delle leggi
recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361), richiesta dichiarata
conforme a legge con le anzidette ordinanze. Cosi' deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 1999.
Il Presidente: Granata Il redattore: Chieppa Il cancelliere:
Fruscella Depositata in cancelleria il 28 gennaio 1999.
Il cancelliere: Fruscella
PUBBLICATO SULLA GAZZETTA UFFICIALE N. 005 SERIE SPECIALE - 1a DEL 03
02 1999
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